Eshkol Nevo ha, come nome, il cognome di suo nonno, Levi Eshkol, primo ministro di Israele fra il ’63 e il ’69 (fra Ben Gurion, di cui fu ministro e Golda Meir). Nato a Gerusalemme nel ’71, cresciuto fra Tel Aviv e gli Stati Uniti, una carriera da pubblicitario, nel 2010 Eshkol Nevo pubblica La simmetria dei desideri, che diventa un successo internazionale.
Il suo nuovo romanzo, Tre piani di pagg. 256, è ambientato in un piccolo condominio in una zona residenziale vicino a Tel Aviv. Tre piani, appunto: tre famiglie, tre mondi nascosti, tre livelli (freudianamente) dell’anima.
Anche questo libro, come era già successo per la simmetria, l’ho divorato in una manciata di giorni.
Se il primo mi avevo totalmente coinvolto anche perché parla di amicizia, quest’ultimo mi è piaciuto perché esprime un altro contesto interessante. La borghesia, in questo caso israeliana, ma che credo possa benissimo rappresentare un po’ tutti.
Il libro racconta la vita dei residenti di questa tranquilla palazzina, appunto di tre piani, di cui i tumulti, i segreti, le confessioni inaffidabili e le decisioni problematiche rivelano i mali di una società nel bel mezzo di un crisi di identità.
Al primo piano vive una coppia di giovani genitori, Arnon e Ayelet che hanno una bambina, Ofri. La bambina viene affidata alle cure di una coppia di vicini anziani, Ruth e Hermann, persone educate, giunte in Israele dalla Germania. Un giorno Hermann, che da tempo mostra i primi sintomi dell’Alzheimer, “rapisce” Ofri per un pomeriggio, scatenando una furia incontenibile in Arnon, inconsciamente e, dunque, irrimediabilmente convinto che dietro quel gesto, in apparenza dettato dalla malattia, si celi ben altro.
Al secondo piano invece vive Hani, madre di due bambini e moglie di Assaf, costantemente all’estero per lavoro. Hani combatte da tempo una battaglia contro la solitudine e lo spettro della follia che, da quando sua madre è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico, non smette mai di tormentarla. Un giorno Eviatar, il cognato che non vede da dieci anni, bussa alla sua porta e le chiede di aiutarlo. Hani non esita a ospitarlo e a trovare così un compagno.
Dovra, giudice in pensione vive al terzo piano, è vedova e dialoga con il marito defunto attraverso la segreteria telefonica appartenutagli. Ricostruisce così il loro passato, il loro ruolo di genitori guardiani della vita del figlio Arad, ruolo che ha spinto quest’ultimo dapprima a un tragico errore, poi a compiere un gesto estremo che lo ha escluso per sempre dalla loro vita.
Devo dire che sopratutto le prime due storie mi hanno coinvolto. Sarà che il ruolo di genitore in questo momento mi appartiene molto, i pensieri, l’agire di Anton e Dovra mi hanno davvero coinvolta.
Inoltre lo stile di scrittura di Nevo Eslhovol lo trovo davvero eccezionale. Non è un caso che diriga una scuola di scrittura creativa. Immaginare un palazzo a tre piani e farci stare dentro tre storie come queste è davvero geniale come trovata.
Ho fatto delle ricerche dopo e ho scoperto che i I tre piani della palazzina nel romanzo di Nevo riflettono la seconda topica freudiana, l’Es, l’Io e il SuperIo.
Ma su questo argomento non sono assolutamente ferrata.
Ma fanno di Eshkvol uno scrittore forbito, che non lascia nulla al casa. Che gioca molto con le parole, la storie.
Però ogni storia, ogni capitolo mi ha fatto riflettere.
Come vi ho detto l’ho finito quasi senza accorgermene.
Ogni volta che leggo i suoi libri vengo colta dal desiderio di andare in Israele.
Sono giunta alla conclusione che se nella mia gioventù gli autori latino americani erano i miei preferiti, ultimante sono israeliani e i palestinesi ad avvincermi.
Insieme ai miei adorati italiani classici e recenti .
Mimma
questo libro partecipa al venerdì del libro
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