E’ difficile recensire un libro come Patria.
Un libro ormai famosissimo.
Io l’ho letto grazie a Veronica che l’ha recensito benissimo su Amiche di fuso.
Urlandoci, spingendoci a comprarlo. Subito. Tutti.
Nella sua recensione ho sentito fortemente questa urgenza.
Ho aspettato diversi mesi prima di cominciare a leggere Patria, il romanzo Di Fernando Aramburu .
Ho aspettato per diversi motivi.
Perché sapevo che era un libro intenso.
Perché è un librone che supera le 600 pagine.
E soprattutto perché mi sentivo impreparata sull’argomento cardine del libro: il terrorismo dell’ETA e l’indipendentismo basco.
La storia narrata è quella di due famiglie legate da una lunga amicizia diventano nemiche e protagoniste di un destino tragico. Ognuna a suo modo. Entrambe appartengono alla stessa comunità, un paesino del territorio basco di cui Aramburu non scrive mai il nome, condividono tutto, pur nelle loro differenze sociali. Mai avrebbero immaginato che un giorno le loro vite sarebbero state divise dalla violenza dettata da un presunto “bene comune” a cui l’una si sacrifica e l’altra no e quindi ne diventa vittima.
Protagoniste assolute sono le due donne.
Le “mater familias” Miren, madre del terrorista Joxe Mari e Bittori, moglie della vittima Txato.
La società di cui racconta Aramburu è una società in cui emergono forti valori arcaici come il bene della famiglia e l’unità di questa che deve prevalere su tutto, la difesa di un figlio è una cosa naturale e qualunque cosa faccia va protetto, perfino se commette un omicidio.
I capitoli, sono piuttosto brevi. Non seguono un ordine cronologico. Tuttavia il lettore non rimane “spiazzato” dai “salti” temporali perché ogni capitolo è concentrato su un protagonista che quindi racconta la sua storia tra passato e presente. E’ il personaggio la bussola del lettore.
Sono sette le voci narranti: in una famiglia c’è Txato, che perderà la vita nell’attentato, la moglie Bittori, il figlio Xavier e la figlia Nerea. Nell’altra famiglia troviamo Joxian e la moglie Miren, il primogenito nonché affiliato all’ETA Joxe Mari, la figlia Arantxa e infine l’altro figlio Gorka.
Aramburu non ci dice neppure in che anno si svolgono i fatti.
Documentandomi dopo ho scoperto che siamo negli anni Ottanta e che si arriva al 2011 quando l’ETA annuncia la fine irrevocabile della lotta armata.
Non so se Aramburu volesse scrivere un romanzo politico. Probabilmente no.
Anche se dal racconto il bene e il male sono abbastanza riconoscibili come ai costituzionalisti il bene e ai nazionalisti baschi il male.
Patria è un romanzo malinconico.
E’ la ricerca del perdono.
Il desiderio di andare oltre le divisioni e differenze, perché è di un solo popolo e di una sola nazione che stiamo parlando.
Ho molto amato e fatto il tifo per il personaggio di Bittori.
L’abilità di Aramburu, a mio avviso, è proprio trasportarci a vivere in Euskadi.
Non la si legge, la si vive la storia.
E’ stato davvero abile a raccontare.
Un vero maestro dell’introspezione.
Immagino cosa abbia potuto provare uno spagnolo a leggere un libro del genere.
Chissà quante cose in più avrà letto e trovato rispetto a me.
Patria è Sicuramente un bel libro.
E’ il capolavoro di cui tutti parlano.
Mimma
Questo libro partecipa al venerdì del libro.
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