“Che bello. Ho trovato il film che cercavo, ora mi siederò comoda sul divano, con la mia copertina, e mi rilasserò. La pancia pesa. Manca poco per fortuna, Giada freme per arrivare e io fremo per conoscerla. Sono sicura che questo film piacerà molto anche a mio marito. Dicono tutti che Checco Zalone fa ridere.”
Questi sono gli ultimi pensieri che io ricordo prima di ritrovarmi per terra.
Ricordo di aver visto il mondo che prendeva un’accelerata improvvisa.
Sono inciampata nel pavet sotto casa, con quella grossa pancia non ho visto il dislivello e sono caduta in avanti. Per proteggere il pancione, Giada, mi sono appoggiata con forza sulle mani.
Troppa forza.
Mi sono rialzata in fretta. Il cuore mi batteva a mille allora.
Ricordo di aver pensato, ora telefono a mio marito. Ma cerco di prendere il cellulare che era in tasca, ma la mano destra non risponde al mio desiderio. Tutto il braccio non si muove, non riesco.
Allora penso di farlo con la mia mano sinistra e solo allora mi accorgo che ho tre dita girate, nel senso opposto a quello normale.
E’ stato allora che ho capito che mi ero fatta male, che quella stupida caduta aveva avuto delle conseguenze.
Ho iniziato a tremare di paura per Giada.
Continuavo a pensare ma l’ho davvero protetta dall’urto?
Allora mi sono messa ad urlare “Aiutatemi, Aiutatemi”.
Ero in mezzo alla strada. Con i miei oggetti personali per terra. Impossibilitata a recuperarli.
Si è avvicinato un ragazzo, tremava più di me. Mi sono fatta accompagnare fino al citofono, sono caduta praticamente sotto casa, e gli ho indicato il tasto dove premere.
Quando ha risposto mio marito ho cercato di non urlare, di avere una voce calma.
Gli ho solo detto sono caduta, mi sono fatta male, prendi la mia cartellina medica che è sulla scrivania, e andiamo in ospedale.
Abbiamo preso un taxi.
Mio marito era così scosso che non se la sentiva di guidare.
Avremmo dovuto chiamare un’ambulanza ma era troppo l’urgenza di correre in ospedale e capire che Giada stesse bene.
Nel tragitto non parlavamo. Ognuno immerso nella proprio paura. Pregavamo che tutto fosse a posto.
Alla Mangiagalli ci hanno subito fatto entrare, nonostante ci fossero persone in attesa, il mio stato mi ha dato priorità.
Quando abbiamo sentito il battito e l’ecografia ha rilevato che Giada stava bene, mio marito si è sentito male. Per la tensione è praticamente svenuto. Credo che avesse smesso di respirare da quando mi aveva visto sotto casa.
Poi hanno chiamato l’ambulanza e mi hanno portato al Gaetano Pini.
Li mi hanno tenuta su una barella.
Solo li mi sono accorta che mi faceva male tutto.
Dopo un po’ è venuto un infermiere e con forza senza troppe carinerie mi ha girato le dita nel verso giusto.
Non posso raccontavi il male che mi ha fatto. Mi sono scese delle lacrime da sole, ma vi assicuro che anche allora non pensavo a me. Pensavo solo alle conseguenze che tutto ciò avrebbe comportato per Giada.
Poi mi ha portato a farmi radiografie per capire la situazione della mia spalla.
La protezione riusciva a stento a coprirmi la pancia.
E’ risultata una bella lussazione.
La manovra per rimettere la spalla al suo posto è stata ugualmente dolorosa.
Ma mi hanno fatto malissimo le parole successive: “deve tenere per un mese il braccio così bloccato, deve stare attentissima, altrimenti la spalla fuoriesce ancora e poi le potrebbe servire un’operazione”.
Tornare a casa con la spalla destra lussata e il braccio sinistro ingessato anche quello per un mese, non è stato facile. Non riuscivo quasi a camminare.
Non riuscivo a fare nulla da sola. Mangiare, lavarmi, andare in bagno.
Ma quello che mi preoccupava più di tutto era “come avrei fatto con un neonato??”.
Abbiamo parlato poco. Cercavo di mostrarmi serena,forte.
Non volevo annientare mio marito.
Mi sentivo così stupida.
Non volevo trasmettere a Giada la paura e la mia ansia.
Ricordo che la prima cosa che ho fatto è stato chiamare mia madre in Puglia.
In quello stato avevo bisogno di aiuto.
Mi sono seduta, mio marito ha fatto il numero e messo in viva voce: ” Ciao mamma, come va? Vi disturbo? Ah state entrando al cinema? No volevo dirti una cosa. Mamma però stai tranquilla è tutto a posto, solo che sono caduta e mi sono rotta le dita della mano sinistra e lussata la spalla. Sto bene ma ho bisogno di te!”.
Lei ha fatto un urlo ed è scoppiata a piangere subito. Non ha detto nulla.
Ha preso il telefono mio padre e mi ha assicurato che avrebbero cercato un volo per mia madre, il prima possibile.
Poi ho chiamato mia sorella che vive vicino a Milano, anche lei dopo lo sgomento iniziale si è offerta di venire, fintanto che non fosse arrivata mia madre. Poi piano piano ho avvisato tutti.
Perché vi racconto tutto ciò?
Perchè Facebook oltre alle mille feste di compleanno preparate per Giada mi ha proposto questa foto che mia sorella mi ha scattato, qualche giorno dopo l’incidente.
Confesso che avevo dimenticato tutto.
Ed è più duro ricordarlo che viverlo.
In quel momento ero più preoccupata a reagire. Sarei falsa se dicessi che non è stato duro.
Ma solo la prima notte mi sono sentita disperata.
Non è stata facile affrontare l’arrivo di un figlio così.
Il primo poi che già ci fa sentire così impreparati.
Ho dovuto fare un cesareo.
La riabilitazione è stata lunghissima e dolorosa.
Riuscire a trovare tempo per fare fisioterapia è stato complicato.
Non potere tenere in braccio mia figlia per un mese è stato doloroso.
Eppure tutto passa.
Tutto passa ed è questo il messaggio di oggi.
Molto presto ho trovato mille modi per aggirare i miei problemi.
Ho imparato a mangiare con le uniche due dita della mano sinistra libere.
Anzi quelle due dita mi facevano fare tutto.
Ridevo insieme a quelli a cui veniva da ridere vedendomi così.
Rassicuravo quelli preoccupati.
Ho usato una fantastica ciambella su cui veniva adagiata Giada per essere allattata, non era tra le mie braccia, ma era vicina a me.
Mio marito è diventato campione mondiale di bagnetto e di cambio pannolini.
Una mia amica, dopo mia madre, si è trasferita in casa mia fintanto che non ho tolto il gesso al braccio.
Lei aveva appena finito una lunga convivenza io iniziavo un nuovo percorso.
Ci siamo aiutate.
Tutto passa.
E forse oltre i bei momenti è utile ricordare anche quelli brutti.
Perché tutto passa.
Mima
Laura Beluffi says
Wow…che coraggio!!! Sei una forza…complimentissimi!!!
È proprio vero che tutto passa…sta a noi affrontarlo al meglio che possiamo e tu ci sei riuscita alla grande!!!
marina says
Mi ricordo dell’incidente. Mi hai chiamato il giorno dopo. Ero sulle piste con quello che quasi 10 anni sarebbe diventato mio marito. Eri scossa, ho cercato di tranquillizzarti. Due risate alla Mimma e già stavibun po’ meglio. Ricordo quando con Eliana siamo venire poi in ospedale a trovarti dopo il parto. Sempre sorridente sempre una forza della natura.
Mamma Avvocato says
Hai ragione, è bene ricordare anche questi momenti, perchè ci danno forza per affrontare le piccole e grandi difficoltà del presente e ricordare che, con la volontà, si può superare quasi tutto.
Il lato positivo, forse, a sentirlo raccontare a posterioi, è che hai avuto una persona ed il marito molto vicini dopo il parto, come purtroppo non capita a molte donne.
Non hai avuto postumi e dolori, a distanza di tempo? Spero di no!