Alzi la mano chi non ha letto un libro di Isabelle Allende.
Credo che siano davvero in pochi a non conoscere questa autrice.
E come non farlo.
Isabel Allende è sempre una garanzia. Per gli editori di mezzo mondo in primis e per i milioni di lettori affezionati. Perché gli autori latinoamericani affermati, a differenza degli altri scrittori del globo, possono contare su una fedeltà dei lettori che rasenta il fanatismo e su una conseguente critica quasi sempre benevola.
Ho scoperto che è talmente affermata, la Allende, che si può permettere vezzi consuetudinari come quello di iniziare un nuovo libro sempre l’8 di gennaio, abitudine cabalistica in linea con le sue visioni notturne, i sogni premonitori, la magia e l’immaginazione che caratterizzano il suo stile di scrittura.
L’amante Giapponese è il suo ventunesimo libro e il decimo del nostro club del libro.
Io e Elisa l’abbiamo proposto perchè siamo sue aficionados come di quasi tutti gli scrittori latino americani.
Confesso che però poi mi era scemata la curiosità verso questo libro.
Avevo letto critiche, recensioni non proprio piacevoli.
E mi ero lasciata condizionare.
Poi la trama mi pareva troppo piena di tutto.
Vi riporto un pezzo recuperato dalla recensione fatta al libro da panorama di cui condivido tutto.
“L’Allende ambienta la sua storia in una casa di risposo decisamente atipica: Lark House è infatti deputata ad essere l’ultimo luogo in cui più o meno arzilli anziani decidono di trascorrere l’ultima fase della loro vita. Almeno è quanto decide Alma Belasco, che lascia di sua spontanea volontà e come una forma di penitenza la casa di famiglia sulla baia di San Francisco, Sea Cliff.
Solo alla fine capiremo il vero motivo che l’ha spinta.
Irina invece approda a Lark House per cercare un lavoro, l’ennesimo che le permetterà di allontanarsi dal suo passato. Per andare avanti e ricominciare allo stesso tempo.
Solo verso la fine conosceremo nel dettaglio la sua storia.
Il romanzo sembra iniziare attraverso il racconto di tante altre storie, vite, anime che, come nella vita, entrano e dopo un breve momento spariscono, quasi senza lasciare traccia. Solo ad un dato momento intraprende la sua strada, come accade quando due persone si incontrano e decidono di percorrere il cammino insieme. E la storia inizia. Ecco quindi che Alma chiede ad Irina di farle da segretaria per riordinare le sue memorie prima che sia troppo tardi. A dare testimonianza scritta della grandiosità della sua vita, il nipote di Alma, Seth. Che da subito si innamora dell’algida Irina. Un corteggiamento lungo anni e distante.
Attraverso fotografie, dipinti e lettere, leggiamo del grande amore di Alma Belasco per Ichimei Fukuda, bambino giapponese approdato a San Francisco con la famiglia prima dell’attacco a Pearl Harbour. In seguito al quale tutti gli appartenenti alla razza nipponica furono rastrellati e condotti nei campi di lavoro per anni.
Così come furono condotti via i genitori di Alma dal ghetto di Varsavia. Da cui non fecero ritorno. Seguiamo la storia della famiglia Fukuda e di tutti gli altri connazionali alle prese con le privazioni e la convivenza forzata lontano da quella che credevano “casa”. Leggiamo di come fosse impensabile un amore alla luce del sole tra appartenenti a razze differenti.
Perché Alma ed Ichimei si amano sin da bambini, per ritrovarsi adulti. Ne seguiamo le vite, quella artistica e ricca di lei, quella umile e dedita al dovere di lui.”
Come vedete gli intrecci sono tanti. E ruotano tutte intorno alla storia di una donna Alma attraverso gli anni di forti cambiamenti culturali e sociali.
Tutte noi del club abbiamo fatto un po’ fatica all’inizio ad affezionarci a questi personaggi. Anche se per tutte era inevitabile avere voglia di finirlo. Nonostante si tratti di un libro di quasi 400 pagine l’abbiamo tutte divorato in pochissimo tempo.
La prima parte mi ha conquistato per i risvolti storici. Onestamente non sapevo nulla dei campi di concentramento creati dagli Americani per i Giapponesi durante la seconda guerra mondiale a seguito dell’attacco di Pearl Habour.
Mi ha davvero colpito e non solo a me.
Tutte abbiamo avuto impulso di approfondire, vedere immagini.
Perchè gli anni dei campo di concentramento in America sono gli stessi di quelli perpetrati da Hitler verso gli ebrei, a tutti super noti. Mentre in quelli creati dai tedeschi venivano torturari e uccisi ebrei, tra l’altro Alma è ebrea, in quelli americani venivano isolati i giapponesi, anche con cittadinanza americana, perchè considerati possibili nemici.
La sostanza non cambia. E come ha detto Elisa “la storia la scrivono i vincitori”. Ed è per questo che di questo episodio si sa così poco. Nonostante lei abbia fatto scienze politiche in una famosa università italiana e ha pure fatto un esame sulla “Storia in America”.
La lettura più proseguiva più mi affascinava e più i suoi personaggi diventavano reali e cari.
Alma l’ho molto amata, anche se dalle mie amiche è stata definita profondamente egoista, incapace di fare scelte coraggiose.
Io invece l’ho trovata molto vera, onesta.
Tutte ci siamo innamorate di Nathaniel, il fratello, il migliore amico, il marito.
Un essere umano davvero speciale.
Forse sarà vero che questo romanzo è costruito troppo ad arte.
Ma vorrei avere io il talento di Allende di riuscire a tenerti incollata a una storia da mille sfaccetatture a volte davvero difficili da digerire, come quella di Irina.
Con finali a sorpresa che non ti deludono.
Tipo vedendo il titolo e la copertina tutti avevamo pensato che l’amante giapponese fosse una donna.
Con quelle bellissime lettere di Ichimei poste alla fine di ogni capitolo.
Abbiamo fatto fatica a trovare la frase preferita, perchè essendo un romanzo sono le storie che si intrecciano che conquistano.
Alla fine abbiamo tutti concordato su questa proposta da Elisa.
“La felicità non è per tutti.”
“Certo che lo è. Tutti nasciamo felici. Lungo la strada la vita ci si sporca, ma possiamo pulirla. La felicità non è esuberante né chiassosa, come il piacere o l’allegria. È silenziosa, tranquilla, dolce, è uno stato intimo di soddisfazione che inizia dal voler bene a se stessi.”
Davvero un bel libro.
E che dire io resto una aficionados mai desaparecidos.
Anche se confermo che gli altri suoi libri sono ancora più belli.
E voi avete letto l’amante giapponese di Isabelle Allende?
Questo libro partecipa alla venerdi del libro.
Mimma
maris says
Della Allende ho letto La casa degli spiriti, Eva Luna e Il gioco di Ripper. Non tutti allo stesso modo, ma mi sono piaciuti.
Questo me lo segno anche perché mi ha colpito tra le altre cose il particolare che c’è una lettera del protagonista giapponese a fine di igni capitolo…
Buon fine settimana!
Mamma avvocato says
Questo libro dell’Allende non l’ho letto. I suoi ultimi romanzi, infatti, non mi erano più piaciuti quanto i precedenti. Chissà che non riprenda con un altro suo titolo.
Quanto si campi di concentramento per giapponesi in America, non tutti sanno che i giapponesi non furono gli unici ad essere internati: tantissimi italiani, tra cui un mio avo, subirono la stessa sorte e tutti i loro beni furono sequestrati, ad alcuni mai restituiti neanche dopo il rilascio. Una pagina nera della storia americana di cui nessuno parla e la dice lunga su come venissero trattati gli immigrati.
federica says
letto ed apprezzato lo stile… un po’ meno la trama troppo piena di tutto, come dici tu, o di mille sfighe, come dico io 🙂